Eredità digitale: diritto di accesso degli eredi ai dati digitali del defunto

Il Tribunale di Roma, con una recente ordinanza cautelare emessa nel mese di febbraio 2022 (Tribunale di Roma, ordinanza del 10.2.22), ha dato continuità ad un orientamento già espresso dai Tribunali di Milano e di Bologna in tema di eredità digitale. In particolare, l’ordinanza ha imposto ad Apple Italia di prestare assistenza ai familiari del defunto per il recupero dei dati personali digitali conservati nel suo account i-cloud, anche mediante consegna delle credenziali di accesso.

Tale decisione ha consentito ai familiari di recuperare “foto e filmati di famiglia destinati a rafforzare la memoria del tempo vissuto insieme ed a conservare tali immagini a beneficio delle figlie in tenera età”, sulla base di ragioni familiari meritevoli di protezione che legittimano e giustificano il diritto di acquisire i dati riferibili al defunto.

Il Tribunale ha, infatti, applicato l’art. 2-terdecies nel D.lgs. n. 196 del 2006, come introdotto con il D.lgs. 10 agosto 2018 n. 101, specificamente dedicato ai “Diritti riguardanti le persone decedute”, che prevede che i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali (ossia il diritto di accesso, rettifica, cancellazione, limitazione del trattamento, opposizione, portabilità) riferiti ai dati personali concernenti persone decedute “possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”.

Rigettando la tesi difensiva del colosso americano, il quale ha opposto l’efficacia delle condizioni generali del contratto accettate al momento dell’attivazione del servizio, che prevedevano la non trasferibilità dell’account e che qualsiasi diritto sull’Id e sul suo contenuto si estinguesse con la morte, il Tribunale capitolino ha ritenuto che la mera adesione alle condizioni generali di contratto, in difetto di approvazione specifica delle clausole predisposte unilateralmente dal gestore, non soddisfa i requisiti sostanziali e formali espressi dall’art. 2 terdecies, c. 3, il quale, a presidio della piena consapevolezza della scelta, prevede che la volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti digitali e l’accesso ad essi dopo il suo decesso sia espressa in maniera libera, informata e specifica e che possa sempre essere revocata o modificata, e ciò anche tenuto conto che le pratiche negoziali dei gestori, in cui le condizione generali di contratto si radicano, non valorizzano l’autonomia delle scelte dei destinatari.

In conclusione, il Tribunale ha autorizzato, in via d’urgenza, il recupero dei dati digitali del defunto, ritenendo sussistenti, nel caso esaminato, sia il fumus boni iuris, in presenza dei presupposti della tutela apprestata dall’art. 2 terdecies citato, sia il periculum in mora atteso che “costituisce nozione di comune esperienza che i sistemi (…), dopo un periodo di inattività dell’account i-cloud sono destinati ad andare automaticamente “distrutti”, sicché il tempo occorrente per la definizione del giudizio a cognizione piena potrebbe incidere irreparabilmente sull’esercizio dei diritti connessi ai dati personali del defunto, compromettendo la possibilità di tutela di interessi, come quelli in rilievo, di rango primario, meritevoli di protezione”.